Discostandosi da quella giurisprudenza di legittimità per cui l’obbligo del datore di lavoro di provvedere alla formazione e all’addestramento dei lavorato, dettato dall’art. 18 comma primo lett. l), non è presidiato da una sanzione penale, in questa pronuncia la Corte di Cassazione si orienta verso una posizione diametralmente opposta, fondando la sua conclusione sulla considerazione per cui il precetto della sanzione prevista dall’art. 55 D.lgs. 81/2008 sia costituito, almeno dopo l’entrata in vigore del D.lgs. 3 Agosto 2009 n.160, dal dettato di cui agli artt. 36 e 37 del TU in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro. Ivi, infatti, sono dettate, in ossequio al principio di determinatezza e precisione, le singole condotte, solo genericamente enunciate nell’art. 18 comma 1 lett.l), la cui effrazione comporta l’applicabilità della sanzione penale.D’altro canto non è condivisibile la tesi del ricorrente per la quale il precetto sanzionato dall’art. 55 D.lgs. 81/2008 sia costituito da una norma penale in bianco; il riferimento corre al contenuto dell’art. 37 del medesimo decreto il quale viene ad essere rappresentato come una norma primaria che, indicando genericamente le condotte penalmente rilevanti, riserva alla fonte secondaria tutti gli aspetti di carattere tecnico e specifico necessari ad integrare il precetto stesso. La Corte ripudia tale ricostruzione facendo leva su due considerazioni: in primis le fattispecie di reato che configurato illeciti in materia di violazione degli obblighi datoriali di formazione dei lavoratori non possono rientrare tout court nella categoria delle norme penali in bianco ed, in secondo luogo, l’Accordo Stato-Regioni, al quale si riferisce il secondo comma della disposizione di cui all’art. 37 D.lgs. 81/2008, non costituisce un atto normativo extra-penale integrativo del precetto ma è funzionale all’attuazione di una leale collaborazione tra apparato centrale e regionale.
Cass, Sez. III, 27 Gennaio 2017 (ud. Del 23 Ottobre 2016) n. 3898