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News Sicurezza – Sull’obbligo di nomina preventiva del medico competente anche in ipotesi in cui il DVR non evidenzi necessità di sorveglianza sanitaria: il Ministero del Lavoro risponde all’interpello di ANP

E’ stato richiesto all’apposita Commissione in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro se – in tutte le aziende e, in particolare, nelle Istituzioni Scolastiche – sia necessario provvedere alla nomina preventiva del medico competente – allo scopo di coinvolgerlo nella valutazione dei rischi – anche nel caso in cui quest’ultima non abbia evidenziato alcun obbligo di sorveglianza sanitaria.

A tal proposito, la Commissione istituita presso il Ministero del Lavoro – dapprima richiamando le disposizioni di cui agli artt. 2, 17, 18, 25, 28, 29 e 41 D.lgs. 81/2008 – ha chiarito come, a norma della previsione di cui all’art. «18, comma 1, lett. a) del decreto legislativo n. 81 del 2008, la nomina del medico competente sia obbligatoria per l’effettuazione della sorveglianza sanitaria nei casi previsti dall’art. 41 del citato decreto legislativo n. 81 del 2008 e che, pertanto, il medico competente collabori, se nominato, alla valutazione dei rischi di cui all’articolo 17, comma 1, lettera a) del decreto legislativo n. 81 del 9 aprile 2008».

Ministero del Lavoro – Commissione per la salute e sicurezza sui luoghi di lavoro – Interpello n. 2/2023 avente ad oggetto «Interpello ai sensi dell’articolo 12 del d.lgs. n. 81/2008 e successive modificazioni, in merito all’ “Art. 25 comma 1 lettera a) – Art 18 comma 1 lettera A – Art. 29 comma 1 del D. Lgs. 81/08”».

News Sicurezza – Sulla possibilità di individuare medici competente ulteriori a quelli nominati per la sede di originaria assegnazione in caso di lavoratori in smart working dal proprio domicilio: il Ministero del Lavoro risponde all’interpello di Confcommercio

E’ stato richiesto all’apposita Commissione in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro se sia possibile per i datori di lavoro continuare attivamente la sorveglianza sanitaria dei lavoratori videoterminalisti che operano in smart working dal proprio domicilio o, comunque, da sedi anche molto lontane da quella di originaria assegnazione mediante l’individuazione di medici competenti ulteriori e diversi da quelli già nominati, dislocati in luoghi prossimi alla sede di lavoro effettiva e, comunque, «specificamente individuati per apposite aree territoriali (provincie e/o regioni) e appositamente nominati esclusivamente per tali aree e per le tipologie di lavoratori operanti da tali aree».

A tal proposito, la Commissione istituita presso il Ministero del Lavoro – dapprima richiamando le disposizioni di cui agli artt. 2, 3, 18, 25 e 39 D.lgs. 81/2008 e 22 del D.lgs. 81/2017 – ha chiarito come la previsione di cui all’art. 39 TUSL ammetta la possibilità di nominare più medici competenti, individuandone uno con funzioni di coordinamento, solo allorquando si tratti di «aziende con più unità produttive», «gruppi d’imprese nonché qualora la valutazione dei rischi ne evidenzi la necessità».

Ne consegue l’impossibilità di ricondurre la nomina di più medici competenti alla previsione da ultimo richiamata; previsione che, chiarisce la Commissione, qualora operante vede riconosciuto in capo ad ogni singolo medico nominato tutti gli obblighi e le responsabilità previste dalla legge.

Ministero del Lavoro – Commissione per la salute e sicurezza sui luoghi di lavoro – Interpello n. 1/2023 avente ad oggetto «Interpello ai sensi dell’articolo 12 del d.lgs. n. 81/2008 e successive modificazioni, in merito alla “nomina del medico competente in relazione ai lavoratori in smart working”»

News Ambiente – Con circolare ministeriale n. 72 del 09 Febbraio 2023 è stata chiarita la nozione di zona umida ai sensi del Regolamento 2021/57/UE

Occorre, in premessa, ricordare come lo scorso 21 Gennaio 2021, la Commissione Europea abbia adottato il Regolamento innanzi citato, così modificando, a far data del 15 Febbraio 2023, l’allegato XVII del Regolamento 1907/2006/CE concernente la registrazione, la valutazione, l’autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche (REACH) per quanto riguarda il piombo contenuto nelle munizioni utilizzate all’interno o in prossimita’  di zone umide.

In particolare, a mezzo del suddetto intervento, è stata prevista, nel neo introdotto paragrafo 13, la seguente definizione di «zone umide»: con esse si intendono le «superfici di paludi, pantani e torbiere o distese d’acqua naturali o artificiali, permanenti o temporanee, in cui l’acqua è stagnante o corrente, dolce, salmastra o salata, comprese le distese di acqua marina la cui profondità non supera i sei metri durante la bassa marea».

A parere del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica e del Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste, però, tale definizione non definisce in maniera sufficientemente chiara la dimensione e la durata minima di esistenza della zona umida tale di rispondere alla natura temporanea della stessa. Questo, evidentemente, pone un problema nella misura in cui dalla violazione del divieto di utilizzare piombo in dette zone consegue l’irrogazione di sanzioni.

Richiesta di fornire un’interpretazione autentica, la Commissione Europea si è limitata a ribadire come lo scopo ultimo della limitazione normativamente imposta sia quello di salvaguardare gli uccelli acquatici e la salute umana; ha, però, lasciato alle autorità nazionali ampio potere di individuare una compiuta definizione di «zona umida», in considerazione della indubbia maggior conoscenza da parte di queste ultime delle caratteristiche morfologiche del proprio territorio.

Per tali motivi – ricordando come ai sensi dell 24° Considerando del Regolamento richiamato la definizione di zona umida deve trarsi da quella fornita all’interno della Convenzione di Ramser – il Ministero ha chiarito, all’interno della Circolare in commento, come, «per «zona umida» si deve intendere la zona acquitrinosa che per dimensioni, instabilità morfologica, natura sia in grado di fornire un habitat stabile e duraturo agli uccelli acquatici». Anche in considerazione della Convenzione suddetta: «sono da considerare «zona umida»: le zone classificabili come aree Ramsar all’interno dello Stato membro; quelle umide ricadenti nei siti di interesse comunitario (SIC) e nelle zone di protezione speciale (ZPS) discendenti  dalla  direttiva n. 92/43/CEE – (habitat) e dalla direttiva n.  79/409/CEE  (uccelli); le zone umide ricadenti all’interno di riserve  naturali  e  oasi  di protezione istituite a livello nazionale e regionale. Sono escluse conseguentemente dalla precitata nozione di zona umida, e quindi dalla applicazione del regolamento, tutte le aree idriche effimere, soggette a variazioni temporanee del livello dell’acqua o del contenuto di umidita’, prive del carattere di stabilita’ e permanenza, da individuarsi nel rispetto del principio di proporzionalita’, in linea con gli obiettivi delle misure previste dal regolamento».

Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Circolare 09 Febbraio 2023 n. 73, pubblicata in Gazzetta Ufficiale al n. 67 del 20 Marzo 2023, recante «Circolare applicativa del regolamento della Commissione (UE)2021/57 del 21 gennaio 2021 recante modifica dell’allegato XVII del regolamento (CE) n. 1907/2006 del Parlamento europeo e del  Consiglio concernente la registrazione, la valutazione, l’autorizzazione e la restrizione delle sostanze chimiche (REACH) per quanto riguarda il piombo contenuto nelle munizioni utilizzate all’interno o in prossimità di zone umide – Definizione di «zona umida».

News Ambiente – E’ stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale lo scorso 10 Marzo 2023, il DM 31 Dicembre 2022 sulla determinazione dei criteri generali di quantificazione dei canoni di concessione per l’utenza di acqua pubblica

In attuazione del disposto di cui all’art. 154 D.lgs. 152/2006 e allo scopo di armonizzare le normative regionali inerenti alla determinazione del canone di concessione per l’utilizzo di acqua pubblica, il Ministero dell’Economia e delle Finanze, di concerto con il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica e con il Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste, ha dettato criteri omogenei per la quantificazione del canone anzidetto, vigenti a far data dal 31 Dicembre 2022.

Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 31 Dicembre 2022, pubblicato in Gazzetta Ufficiale al n. 53 del 10 Marzo 2023, recante «Criteri generali per la determinazione, da parte delle regioni, dei canoni di concessione per l’utenza di acqua pubblica».

News Ambiente – L’appaltatore o il concessionario della manutenzione del verde nelle aree pubbliche o ad uso pubblico, ai fini della raccolta e del trasporto dei relativi rifiuti, è tenuto ad iscriversi alla categoria 2bis dell’Albo Nazionale dei Gestori Ambientali

E’ quanto sancito dal Comitato Nazionale dell’Albo dei Gestori Ambientali con propria Circolare n. 1 del 14 Febbraio 2023 ove – riscontrando la richiesta di chiarimenti allo stesso pervenuta in ordine alla categoria alla quale le imprese che svolgono attività di sfalcio e potatura di aree verdi pubbliche o private adibite a uso pubblico debbano iscriversi a seguito delle modifiche introdotte con D.lgs. 116/2020 – il primo ha chiarito che, nel caso in cui la raccolta e il trasporto di detti rifiuti, quand’anche qualificati come urbani, venga effettuata da colui che abbia anche provveduto alla manutenzione, questi, in qualità di produttore iniziale, è tenuto all’iscrizione alla categoria 2bis dell’Albo Nazionale dei Gestori Ambientali ai sensi dell’art. 212 TUA.

Circolare n. 1 del 14 Febbraio 2023 del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica – Albo Nazionale Gestori Ambientali – Comitato Nazionale.

News Sicurezza – “Ogni” datore di lavoro, pur se subappaltatore, ha l’obbligo di adottare misure di prevenzione e protezione contro “tutti” i rischi lavorativi, anche quando dovuti ad interferenza e anche se l’organizzazione dei luoghi di lavoro sia sottoposta ai poteri direttivi di altri

Per quanto qui di interesse, la sentenza in parola prende le mosse da una pronuncia di condanna emessa nei confronti di un soggetto ritenuto responsabile, in qualità di legale rappresentante dell’impresa deputata alla gestione di un magazzino, di aver omesso di proteggere le aree di lavoro e di passaggio dal rischio di caduta di materiali dall’alto.

A parere della difesa ricorrente, il giudice di primo grado aveva errato nel ritenere integrato il reato di cui all’art. 68 comma 1° lett. b) D.lgs. 81/2008 in riferimento agli artt. 63 comma 1°, 64 comma 1° lett. a) e punto 1.8.1 dell’Allegato IV del citato Decreto in quanto il rischio concretizzatosi aveva natura interferenziale e, in quanto tale, di competenza del committente, l’unico avente la disponibilità giuridica dei luoghi di lavoro nei quali impartiva le direttive in materia di salute e sicurezza suoi luoghi di lavoro.

Dapprima richiamando le specifiche disposizioni e l’orientamento giurisprudenziale maturato sul punto, la Suprema Corte di Cassazione è giunta a ribadire, anche in considerazione degli artt. 17 e 28 D.lgs. 81/2008 i quali impongono ad ogni datore di lavoro l’onere di effettuare la valutazione dei rischi lavorativi e di adottare le misure di prevenzione e protezione idonee ad evitare suddetti rischi, come «ogni datore di lavoro, pur se subappaltatore, ha l’obbligo di osservare le disposizioni sulla sicurezza dei luoghi di lavoro e, quindi, deve adottare idonee misure di prevenzione e protezione contro “tutti” i rischi per la sicurezza e la salute durante l’attività lavorativa, anche quando questi siano dovuti alle “interferenze” con l’attività di altre imprese, ed anche quando l’organizzazione del luogo di lavoro resta sottoposta ai poteri direttivi dell’appaltatore o del committente».

D’altro canto, prosegue la Corte, non vale a negare tale assunto il disposto di cui all’art. 26 il quale, se da un lato pone esclusivamente a carico del datore di lavoro committente l’elaborazione del documento di valutazione del rischio interferenziale, dall’altro statuisce obblighi di cooperazione e attuazione delle idonee misure di prevenzione in capo a tutti i datori di lavoro coinvolti. Ne deriva «sulla base della disciplina desumibile dall’art. 26 d.lgs. n. 81 del 2008 e dell’intero sistema del testo normativo» come «il datore di lavoro non committente, pur non avendo l’onere di redigere il documento di valutazione dei rischi da interferenza, ha però il dovere di coordinare gli interventi di protezione e prevenzione dei rischi, anche quando dovuti alle interferenze tra i lavori delle diverse imprese coinvolte nell’esecuzione dell’opera complessiva. E questa soluzione appare coerente con l’obiettivo di incrementare la tutela contro i rischi cui sono esposti i lavoratori. La redazione di un unico documento di valutazione dei rischi da interferenza, infatti, risulta prevista in funzione di assicurare una valutazione unitaria e globale di questi, al fine di una più efficace tutela contro i fattori di pericolo, e non certo per esonerare i datori di lavoro diversi dal committente dagli obblighi di protezione e prevenzione».

Parimenti, il principio statuito dalla Corte non pare sconfessato neppure dalla circostanza per cui il luogo di lavoro fosse nella disponibilità giuridica o sottoposto ai poteri direttivi di altri. La nozione di “luogo di lavoro”, infatti, è, per costante orientamento giurisprudenziale, a tal punto estesa da comprendere anche «i luoghi esterni all’azienda o comunque non sottoposti alla disponibilità giuridica del datore di lavoro», quand’anche costituiti da «una strada pubblica ed aperta al pubblico transito, esterna al cantiere», «purché in essi il lavoratore debba o possa recarsi per eseguire incombenze di qualsiasi natura in relazione alla propria attività».

Cass. Pen., Sez. III, 13 Febbraio 2023 – Ud. del 11.01.2023 – n. 5907 Pres. G. Andreazza Rel. C. Cerroni.

News Ambiente – Sulla possibilità di avviare, su base volontaria, iniziative di raccolta differenziata di rifiuti tessili presso i punti vendita a norma dell’art. 185bis TUA: il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica risponde all’interpello di Confindustria

Con interpello identificato al Prot. MiTE in ingresso n. 135545 del 02.11.2022, Confindustria – nell’interesse di diverse imprese a sé aderenti – ha domandato al Ministero conferma circa la possibilità per i Consorzi di imprese – recentemente istituiti su base volontaria al fine di organizzare e finanziare attività di raccolta e avviamento al recupero di rifiuti tessili, in attuazione del principio della responsabilità estesa del produttore (EPR) – nelle more dell’entrata in vigore dell’obbligatorietà di suddetto sistema EPR, di avviare iniziative di raccolta differenziata dei rifiuti tessili e moda a fine vita ai sensi dell’art. 185bis D.lgs. 152/2006; disposizione questa che consente ai distributori la possibilità di effettuare la raccolta e il deposito temporaneo dei rifiuti presso i loro punti vendita, a condizione che i rifiuti siano «soggetti a responsabilità estesa del produttore, anche di tipo volontario».

Inoltre, in caso di risposta affermativa, chiede il Consorzio che il Ministero voglia indicare le condizioni per svolgere tali attività in conformità alla legge.

Con provvedimento Prot. MiTE in uscita n. 17650 del 07.02.2023, il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica ha negato tale possibilità chiarendo come la locuzione «anche di tipo volontario» prevista dall’art. 185bis D.lgs. 152/2006 vada intesa nel senso di riconoscere la possibilità di effettuare un deposito temporaneo prima della raccolta presso le proprie sedi solo in capo a quei soggetti che, pur in presenza di un regime già istituito per quella data filiera di riferimento, siano in attesa di ottenere l’apposito provvedimento di riconoscimento. Pertanto, conclude il Ministero: «le campagne di raccolta differenziata di prodotti tessili e moda a fine vita, anche avvalendosi della disciplina stabilita dall’art. 185-bis del D.Lgs. n. 152/2006, potranno essere intraprese da parte dei consorzi costituiti su base volontaria, solo a partire dall’entrata in vigore del decreto che istituirà la responsabilità estesa del produttore nel settore del tessile».

Precisa, in ogni caso, il Ministero che: «Le considerazioni sopra riportate sono da ritenersi pertinenti e valide in relazione al quesito formulato, con esclusione di qualsiasi riferimento a specifiche procedure o procedimenti, anche a carattere giurisdizionale, eventualmente in corso o in fase di evoluzione, per i quali occorrerà considerare tutti gli elementi pertinenti al caso di specie, allo stato, non a conoscenza e non rientranti nella sfera di competenza di questa Amministrazione».

News Ambiente – Sulla possibilità di assimilare i “Rifiuti prodotti dal settore sanitario e veterinario o da attività di ricerca correlate” identificati con CER 180104 ai rifiuti urbani: il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica risponde all’interpello del Comune di Sant’Elia Fiumerapido

Con interpello identificato al Prot. MiTE in entrata n. 87558 del 13.07.2022, il Comune di Sant’Elisa Fiumerapido ha richiesto al Ministero competente chiarimenti in ordine alle modalità di gestione dei rifiuti di cui all’Allegato D del D.lgs. 152/2006 “Rifiuti prodotti dal settore sanitario e veterinario o da attività di ricerca correlate” identificati con CER 180104 ed, in particolare, circa la loro assimilabilità ai rifiuti urbani con conseguente possibilità di conferimento degli stessi al servizio comunale di raccolta e smaltimento.

Rappresenta, infatti, l’interpellante come risposta negativa al quesito posto possa trarsi dalla lettura del novellato art. 183 comma 1 lett. b-ter) n. 2) D.lgs. 152/2006 ove, definitivamente eliminando la categoria dei rifiuti assimilati agli urbani, si è previsto che possano essere considerati rifiuti urbani anche «i rifiuti indifferenziati e da raccolta differenziata provenienti da altre fonti che sono simili per natura e composizione ai rifiuti domestici indicati nell’allegato L-quater prodotti dalle attività riportate nell’allegato L-quinquies»; il citato allegato L-quater, però, non contempla alcun rifiuto con codice 18 dovendo, in conclusione, in forza del combinato disposto di cui all’art. 183 e 184 TUA, qualificare i rifiuti in parola come rifiuti speciali. D’altro canto, però, risulta tuttora vigente il DPR 254/2003 “Regolamento recante disciplina della
gestione dei rifiuti sanitari a norma dell’articolo 24 della legge 31 luglio 2002, n. 179”
il quale, con precipuo riguardo a «i gessi ortopedici e le bende, gli assorbenti igienici anche contaminati da sangue esclusi quelli dei degenti infettivi, i pannolini pediatrici e i pannoloni, i contenitori e le sacche utilizzate per le urine” statuisce la loro assimilazione ai rifiuti urbani.

Con proprio provvedimento individuato al Prot. MiTE in uscita 12695 del 30.01.2023, il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica – pur confermando come i rifiuti identificati con cer 180104 non siano ricompresi nell’elenco di cui all’Allegato L-quater D.lgs. 152/2006 – ha, però, chiarito come, in virtù di quanto previsto dall’art. 227 del medesimo Decreto, la disciplina di cui al DPR 254/2003, in quanto speciale, prevalga su quella di cui al Testo Unico Ambientale con conseguente assimilazione dei rifiuti ivi previsti a quelli urbani, indipendentemente dalla modifica normativa introdotta con D.lgs. 116/2020.

Ne consegue, con riguardo al quesito posto, l’immediata applicabilità del DPR 254/2003 – senza necessità di alcun ulteriore provvedimento da parte dell’Ente locale il quale deve solo «organizzare il servizio di gestione e raccolta dei rifiuti urbani prevendendo anche il servizio alle utenze non domestiche che producono i suddetti rifiuti e ne fanno richiesta». A norma dell’art. 198 comma 2bis e 238 comma 10 D.lgs. 152/2006, infatti, queste ultime potranno liberamente decidere di servirsi del gestore del servizio pubblico ovvero di fare ricorso al mercato, in tal caso previamente avviando i rifiuti al recupero e dimostrando tale attività mediante apposita attestazione rilasciata dal soggetto che ne effettua il recupero.

Conclude il Ministero affermando come: «Nel caso di specie i rifiuti classificati con codice EER 18.01.04. e qualificati “assimilati agli urbani” ai sensi del DPR 254/2003, possono essere conferiti al servizio pubblico di raccolta come rifiuto
indifferenziato, codice EER 20.03.01, fatti salvi quei rifiuti per i quali gli Enti locali abbiano attivato autonomamente una raccolta dedicata, come ad esempio accade per i rifiuti derivanti dagli assorbenti igienici, pannolini pediatrici e pannoloni, che potrebbero essere conferiti ad impianti di recupero autorizzati ai sensi del D.M. 15 maggio 2019, n. 62 ( Regolamento End of Waste), ovvero ad eventuali impianti autorizzati caso per caso dalle Regioni/Province autonome».

Il Ministero, poi, in conclusione, ha affermato che: «Le considerazioni sopra riportate sono da ritenersi pertinenti e valide in relazione al quesito formulato, con esclusione di qualsiasi riferimento a specifiche procedure o  procedimenti eventualmente in corso, per i quali occorrerà considerare tutti gli elementi relativi al caso di specie, allo stato, non a conoscenza e non rientranti nella sfera di competenza di questa Amministrazione».

Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica – Direzione Generale Economia Circolare «Istanza di interpello in materia ambientale – gestione dei rifiuti di cui all’allegato D, del D.lgs. 152/06 appartenenti al capitolo 18 “Rifiuti prodotti dal settore sanitario e veterinario o da attività di ricerca collegate (tranne i rifiuti di cucina e di ristorazione non direttamente provenienti da trattamento terapeutico)» Prot. MiTE in uscita 12695 del 30 Gennaio 2023.

News Ambiente – Esenzione dall’obbligo di etichettatura ambientale per pneumatici e RAEE: il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica risponde all’interpello di Confindustria

Con proprio interpello – identificato al Prot. in ingresso MiTE n. 6406 del 17.01.2023 – Confindustria ha richiesto al Ministero di confermare l’interpretazione dalla stessa fornita in ordine alla temporanea esenzione dall’obbligo di etichettatura ambientale di cui all’art. 219 comma 5° D.lgs. 152/2006 per gli pneumatici e le apparecchiature elettriche ed elettroniche in relazione ai quali vige l’obbligo, compiutamente definito dal Regolamento UE/2017/1369, di etichettatura energetica europea. A parere di Confindustria, sino al momento in cui le due disposizioni richiamate non verranno armonizzate, i prodotti richiamati devono dirsi sottratti dal campo applicativo di cui al richiamato art. 219 TUA.

Con proprio provvedimento individuato al Prot. MiTE in uscita n. 10855 del 26 Gennaio 2023, il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica ha confermato l’interpretazione fornita da Confindustria; pur in considerazione del neo introdotto obbligo di etichettatura ambientale, infatti, il Ministero ha riconosciuto come per taluni prodotti, tra i quali quelli in parola, il Regolamento UE/2014/1369 prevedesse già un obbligo di etichettatura, sebbene sull’efficienza energetica, rinviando a successivi atti delegati della Commissione Europea per la definizione dei requisiti specifici di tale etichetta, con possibilità di prevedere che la stessa venga apposta anche direttamente sull’imballaggio del prodotto. Conseguentemente: « [..] nelle more dell’adozione dei previsti atti delegati da parte delle Commissione europea, in considerazione della necessità di armonizzare le disposizioni recanti i diversi obblighi di etichettatura, le previsioni di cui all’art. 219, comma 5, del D.Lgs. 152/2006 non si applicano alle segnalate tipologie di articolo, soggette alla disciplina di cui al Regolamento (Ue) 2017/1369»

Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica – Dipartimento sviluppo sostenibile «Istanza di interpello in materia ambientale – interpretazione dell’articolo 219 comma 5 del decreto legislativo n. 152/2006 in riferimento alle disposizioni di cui al regolamento (UE) 2017/1369» Prot. MiTE in uscita n. 10855 del 26 Gennaio 2023.

News Ambiente – Deposito temporaneo e trasporto rifiuti da esumazione ed estumazione: il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica risponde all’interpello del Comune di Arezzo n. 66369 del 26 Maggio 2022

Stante la presenza sul territorio di innumerevoli cimiteri di dimensione talmente ridotta da rendere impossibile l’individuazione, al proprio interno, di un’area da dedicare al deposito temporaneo dei rifiuti a norma dell’art. 12 DPR 254/2003 – il Comune di Arezzo ha rivolto interpello al Mininstero dell’Ambiente richiedendo: a) se fosse possibile per il gestore del servizio di raccolta dei rifiuti trasportare gli stessi, non accompagnati da formulario, presso il cimitero centrale ove «effettuare raggruppamento e deposito temporaneo di rifiuti su container scarrabili» e se questa modalità di deposito temporaneo potesse considerarsi corretta; b) in subordine, di poter predisporre la succitata area destinata al conferimento dei rifiuti da esumazione ed estumazione presso il centro di raccolta comunale, istituito a norma del DM 08 Aprile 2008, ivi i rifiuti entrando, a seguito di sanificazione, con codice cer 20.03.99 e 20.01.40.

In premessa, il M.A.S.E. ha ricordato come la disciplina della gestione dei rifiuti provenienti da attività di esumazione ed estumazione – rientranti tra i rifiuti urbani ai sensi dell’art. 183 comma 1, lett. b-ter) n. 6 D.lgs. 152/2006 – sia dettata dall’art. 12 DPR 254/2003, trattandosi di normativa speciale rispetto a quella di cui al D.lgs. 152/2006.

Tale disposizione, in particolare, consente il deposito, con le modalità e le condizioni ivi dettate, all’interno di una circoscritta area cimiteriale, dei rifiuti in questione allo scopo di razionalizzarne la raccolta e il trasporto, salvaguardando tanto la matrice ambientale quanto adeguati standards di tutela igienico sanitaria. Trattasi, in altri termini, di un deposito temporaneo prima della raccolta che, ai sensi dell’art. 185bis D.lgs. 152/2006, deve essere effettuato presso il luogo di produzione dei rifiuti ovvero ove viene svolta l’attivtà che ne ha dato origine. Questo, quindi, deve essere istituto necessariamente presso i singoli cimiteri locali, senza possibilità di individuare dei regimi derogatori.

Da qui i rifiuti potranno essere trasportati ad opera del gestore del servizio cimiteriale – a cui il Comune ha affidato il relativo servizio – purché lo stesso risulti essere iscritto all’Albo dei Gestori Ambientali nella Categoria 1, sottocategoria D4 e senza formulario come previsto dall’art. 193 comma 7 D.lgs. 152/2006.

In ultimo, con riguardo alla possibilità di conferire presso il centro di raccolta comunale i rifiuti in questione identificati con codici cer 20.01.40 e 20.03.99, il Ministero ha ritenuto di fornire risposta negativa in quanto nell’elenco di cui al punto 4.2 dell’allegato 1 al DM 08 aprile 2008, in corrispondenza dei codici richiamati, si fa riferimento a rifiuti diversi da quelli derivanti da esumazione ed estumulazione con conseguente impossibilità di conferire tale specifica tipologia.

Appare essenziale rilevare come, in chiusura, il Ministero chairisca che: «Le considerazioni sopra riportate, rese nel rispetto delle condizioni e dei termini di cui all’articolo 3-septies  del  decreto  legislativo  152/2006,  sono  da  ritenersi  pertinenti  e  valide  in  relazione  al  quesito formulato,  con  esclusione  di  qualsiasi  riferimento  a  specifiche  procedure  o  procedimenti,  anche  a carattere giurisdizionale, eventualmente in corso o in fase di evoluzione, per i quali occorrerà considerare tutti gli elementi pertinenti al caso di specie, allo stato, non a conoscenza e non rientranti nella sfera di competenza di questa Amministrazione».

Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica – Direzione Generale Economia Circolare “Riscontro interpello ex art. 3-septies del Decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 relativo alla gestione di rifiuti da esumazione e estumulazione” n. 151820 del 02 Dicembre 2022.