La quaestio facti sottesa alla pronuncia della Corte di Cassazione afferiva ad un’imputazione di gestione illecita di rifiuti, ai sensi dell’art. 256 comma 4° lett. a), per omesso rispetto delle prescrizioni previste all’interno del relativo titolo autorizzativo. In particolare, si rimproverava alla Società di non aver osservato i quantitativi massimi di rifiuti stoccabili previsti nell’autorizzazione provinciale.
La difesa si difendeva dalla accuse adducendo che, ai fini del computo suddetto, non avrebbe dovuto tenersi in considerazione il quantum di rifiuti esitati dal trattamento ancorché privi dei requisiti richiesti per la cessazione della relativa qualifica di rifiuti o, comunque, non ancora sottoposti agli opportuni controlli in quanto per rifiuti stoccabili avrebbero dovuto intendersi solo quei rifiuti messi in riserva, in ossequio alla definizione fornita dal Codice dell’Ambiente.
La Terza Sezione della Corte di Cassazione si è, invero, opposta a tale interpretazione ritenendo che la stessa non prendesse in considerazione il fatto che i rifiuti esitati dall’attività di trattamento e non ancora idonei ad essere qualificati come End of waste rimangono assoggettati alla disciplina della gestione dei rifiuti, concorrendo così all’ammontare di quelli legittimamente stoccabili presso l’impianto di recupero. In altri termini, fatti salvi i casi in cui il titolo abilitativo non preveda espressamente una dicotomia tra le situazioni innanzi descritte, ai fini dell’accertamento del rispetto delle quantità massime stoccabili, devono essere tenuti in considerazione anche i rifiuti che, sebbene sottoposti ad attività di recupero, non hanno ancora cessato tale qualifica.
Cass. Pen., Sez. III, 03 Maggio 2018 – ud. del 22.11.2017 – n. 18891