Per la corretta classificazione di un rifiuto identificato con un “codice a specchio” la disposizione di cui al punto 5 Allegato D del D.lgs. 152/2006 Parte IV deve essere intesa come comportante un obbligo per il Produttore/detentore del rifiuto di eseguire specifiche analisi atte ad accertare l’eventuale presenza di sostanze pericolose ovvero il superamento delle soglie di concentrazione. Solo allorquando l’esito sia negativo, egli potrà classificare il rifiuto come non pericoloso e gestirlo come tale. Contrariamente, l’interpretazione proposta dal ricorrente, la quale porterebbe a giustificare l’identificazione di un rifiuto come non pericoloso sulla base di analisi inadeguate, è da ritenere non solo contraria a precisi obblighi di legge ma anche eccentrica rispetto all’intero sistema normativo che disciplina la gestione del ciclo di rifiuti ed al principio di precauzione sotteso.
Sentenza Cass., Sez. III, 9 Novembre 2016 (ud. 3 Maggio 2016) n. 46897