Premettendo come la contravvenzione di cui all’art. 256 comma 2° D.lgs. 152/2006 individui un’ipotesi di reato proprio configurabile in capo all’imprenditore o al responsabile di un ente, la Corte di Cassazione ha ribadito come lo stesso non richieda, ai fini della sua configurabilità, esclusivamente una condotta attiva dell’agente ma come possa, contrariamente, dirsi integrato anche a fronte di un’omissione scaturente dalla violazione dei generali doveri di diligenza imposti al datore di lavoro. Più precisamente, la rimproverabilità del comportamento del titolare dell’azienda si porrebbe sul piano dell’omessa adozione di tutte quelle misure necessarie ad evitare il realizzarsi di condotte illecite inerenti alla gestione dei rifiuti.
Ciò detto, però, non deve indurre ad inviduare in capo al datore di lavoro una responsabilità oggettiva per l’operato dei propri dipendenti ma l’eventuale responsabilità concorrente del titolare deve essere oggetto di un accertamento pieno concernente il contenuto, partecipativo o omissivo, della sua condotta; in altri termini, in sede giurisdizionale, occorre verificare che la condotta incriminata non sia frutto di un’autonoma iniziativa del dipendente, avulsa e contraria alle direttive allo stesso impartite.
Cass. Pen., Sez. III, 20 Giugno 2018 – Ud. del 09.11.2018 – n. 28492