Con la pronuncia in commento la Suprema Corte di Cassazione si è espressa sulla questione giuridica concernete la corretta qualificazione della fattispecie di gestione non autorizzata di rifiuti da parte di un soggetto che, seppur munito di idoneo titolo autorizzativo o comunicazione in forma semplificata, opera su quantitativi superiori a quelli previsti nel titolo abilitativo. Nel fornire una risposta all’interrogativo proposto dalla difesa, la Terza Sezione ha ritenuto opportuno richiamare quel filone giurisprudenziale che, pronunciatosi in tema di trasporto di rifiuti in luogo diverso da quello prescritto, ha ravvisato la configurabilità del reato di cui all’art. 256 comma 1° D.lgs. 152/2006 sulla scorta del fatto che trattasi di elemento essenziale dell’autorizzazione che involge l’attenta valutazione da parte del soggetto emittente il titolo circa l’idoneità del sito; al contrario, il trasporto di rifiuti effettuato con mezzo diverso da quello previsto nell’autorizzazione ovvero di quello comunicato importa la sussistenza della fattispecie contravvenzionale di cui al successivo comma quarto. Dando continuità a questo orientamento, la Corte ha ritenuto come, anche nel caso di gestione di rifiuti in quantità superiori a quelle autorizzate, debba dirsi configurato il reato di cui al comma primo dell’articolo richiamato: lo svolgimento di un’attività di gestione dei rifiuti con modalità difformi da quelle prescritte ed avente connotati materiali idonei ad essere oggetto di un diverso titolo autorizzativo necessariamente pregiudica il corretto svolgimento di quell’attività di vigilanza e controllo demadata all’ente pubblico, tutelata dalla norma, e svuota di significato giuridico lo stesso titolo abilitativo, rendendo l’attività contra legem in quanto svolta in assenza dell’autorizzazione.
Cass. Pen., Sez. III, 12 Febbraio 2019 – Ud. del 30.11.2018 – n. 6717