News Ambiente – Si configura il reato di cui all’art. 256 comma 4° TUA soltanto quando la carenza dei requisiti del titolo abilitativo riguardi le modalità di esercizio dell’attività

Nella pronuncia in commento, la Suprema Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi in ordine alla spinosa questione concernente il discrimine esistente fra le fattispecie penali previste e punite dall’art. 256 comm1 1°, 2° e 3° e quella, autonoma ed attenuata, di cui al successivo comma 4°. Il tenore letterale della disposizione, infatti, sancisce che debba essere punito a questo titolo colui che eserciti attività di gestione di rifiuti in contrasto con le prescrizioni impostegli nell’autorizzazione ovvero in assenza dei requisiti e delle condizioni richiesti per le iscrizioni e/o comunicazioni. In quest’ultima circostanza, afferma la Suprema Corte, è necessario distinguere attentamente le ipotesi in cui suddetta carenza afferisca alle modalità di esercizio dell’attività dalle ipotesi in cui, invece, essa importi una totale insussistenza del titolo abilitativo. Nel primo caso, il soggetto verrà perseguito per il reato previsto e punito dall’art. 256 comma 4° mentre, nel secondo caso, si configurerà una ipotesi di gestione illecita. A detta della Terza Sezione, tale ultima circostanza si realizza quando oggetto dell’attività siano rifiuti diversi da quelli indicati nelle iscrizioni e comunicazioni.

Cass. Pen., Sez. III, 06 Febbraio 2019 – Ud. del 15.01.2019 – n. 5817