E’ opportuno ricordare in premessa come, alla luce di un contrasto giursprudenziale esistente nel territorio nazionale in punto alle modalità di corretta caratterizzazione dei rifiuti dotati di cd. codice a specchio, la Suprema Corte di Cassazione, con ordinanze del 21 Luglio 2017, ha investito della relativa questione la Corte di Giustizia dell’Unione Europea; con la sentenza in commento, quest’ultimo organo sovranazionale ha chiarito come le disposizioni di cui all’allegato III della Direttiva 2008/98/CE, modificata ad opera del Regolamento 2014/1537/UE, nonché di cui all’allegato alla Decisione 94/3/CE, modificata dalla Decisione 2014/955/UE, devono essere interpretate nel senso che il detentore di un rifiuto classificabile con codici speculari, la cui composizione risulti ignota, è tenuto ad effettuare una efficace caratterizzazione dello stesso idonea a ricercare ed individuare tutte le sostanze pericolose che possano ragionevolmente travarsi nel rifiuto (Viene così ad essere rifiutata la cd.”teoria della certezza” sostenuta da taluna giurisprudenza di legittimità italiana). Nel far ciò, il detentore del rifiuto potrà ricorrere a campionamenti, analisi chimiche e prove previsti dal Regolamento 2008/440/CE ovvero a qualsiasi altro campionamento, analisi o prova, anche sviluppata a livello nazionale, purché riconosciuta dalla comunità internazionale. Solo allorquando – per motivi non inerenti alla persona del detentore – vi sia un’impossibilità pratica di determinare la presenza di sostanze pericolose nel rifiuto ovvero di procedere alla caratterizzazione dello stesso ed alla luce di una valutazione dei rischi quanto più possibile completa e parametrata alla condizioni fattuali concrete, il rifiuto potrà essere classificato come pericoloso.
Corte di Giustizia dell’Unione Europea, Sez. X, 28 Marzo 2019 nelle cause riunite da C-487/17 a C-489/17.
Comunicazione Commissione Europea n. 2018/C 124/01 recante “Orientamenti tecnici sulla caratterizzazione dei rifiuti”.