Nel caso in esame il difensore dell’imputato, lamentando la violazione – da parte del giudice di merito – della disposizione di cui all’art. 101 comma 7° D.lgs. 152/2006, sosteneva che anche le acque provenienti dall’attività casearia dovessero essere ritenute assimilabili alle acque reflue domestiche in conformità con quanto previsto dalla lettera b) dell’articolo richiamato; mentre la precedente lettera a), infatti, mediante l’utilizzo dell’espressione “esclusivamente”, manifesterebbe la volontà del legislatore di circoscrivere l’assimilazione in parola alle attività ivi puntualmente richiamate, l’assenza di tale avverbio nella successiva previsione sarebbe idonea a giustificare un’estensione del relativo campo applicativo anche alle attività correlate a quella di allevamento di bestiame. La Terza Sezione della Corte di Cassazione, rigettando il motivo dinanzi espresso, ha affermato che – restando sempre fermamente ancorati al dato letterale della norma in esame – l’attività di trasformazione casearia di taluni prodotti derivanti dall’allevamento di bestiame lungi dal poter essere ricompresa nella disposizione di cui all’art. 101 comma 7° lett. b) D.lgs. 152/2006 può, piuttosto, essere annoverata, in linea di principio, nell’alveo di competenza della successiva previsione di cui all’art. 101 comma 7° lett. c) la quale comtempla lo svolgimento di attività di trasformazione o valorizzazione agricola. Ivi, però, si pone un limite all’assimilabilità richiedendo espressamente che si tratti di acque provenienti da imprese nelle quali vi sia una stretta connessione funzionale fra le attività di coltivazione del terreno, silvicultura e allevamento di bestiame e quella di successiva trasformazione nonché che quest’ultima venga svolta «utilizzando materia prima lavorata che deve provenire in misura prevalente dall’attività di coltivazione dei terreni di cui l’impresa disponga a qualsiasi titolo».
Cass. Pen., Sez. III, 12 Aprile 2019 – Ud. del 28.02.2019 – n. 16044