Ai sensi dell’articolo 92 del d.lgs. n.81/2008, il Coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione dei lavori, riveste una determinante posizione di garanzia essendo in capo allo stesso incombente un vero e proprio dovere di intervento a tutela della salvaguardia dei lavoratori. Nonostante l’inquadramento giuridico di cui supra, relativo alle competenze e agli obblighi della figura del Coordinatore della sicurezza in fase di esecuzione, quest’ultimo non può essere chiamato a rispondere dell’infortunio occorso al lavoratore durante lo svolgimento di attività lavorativa clandestina, difettando – ai fini della valutazione della colpa ascrivibile all’imputato – il requisito della prevedibilità dell’evento lesivo. Più precisamente, infatti, nel caso di specie, l’istruttoria aveva restituito la prova di una sopravvenuta sospensione dei lavori per scadenza della concessione edilizia e di una non autorizzata ripresa dell’attività lavorativa in orario notturno.
Sul tema, costituisce pacifico principio di diritto quello per cui il coordinatore della sicurezza in fase di esecuzione sia chiamato a svolgere un ruolo di alta vigilanza che riguarda la generale configurazione delle lavorazioni ma non la stringente vigilanza, momento per momento, di ogni singola attività lavorativa demandata ad altre figure operative – quali datore di lavoro, dirigente, preposto; ne deriva che un’estemporanea ripresa dei lavori, nelle condizioni suddette, poteva non essere prevedibile da parte del coordinatore per l’esecuzione dei lavori.
Inoltre, rileva la Corte, come, nel caso in esame, il giudice di merito abbia omesso di valutare approfonditamente anche l’ulteriore requisito della colpa ovvero l’evitabilità dell’evento dannoso. In altri termini, si sarebbe dovuto verificare che, osservati gli adempimenti posti dalla legge in capo al CSE, tra i quali la necessaria conoscenza della ripresa dei lavori, l’evento infortunistico si sarebbe verificato ugualmente.
Cass. Pen., Sez. IV, 20 Gennaio 2021 – Ud. del 19.11.2020 – n. 2293