La Quarta Sezione della Suprema Corte di Cassazione ha ritenuto sussistente a carico del capo-area, in ragione della sua qualifica di datore di lavoro dello specifico settore produttivo, conferitagli con idonea delega di funzioni, la violazione dell’art. 28 comma 2° D.lgs. 81/2008, in forza del quale è fatto obbligo di predisporre un documento di valutazione dei rischi che contenga non solo una relazione inerente a tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori insiti nello svolgimento dell’attività lavorativa ma che specifici anche i criteri adottati per la valutazione.
In particolare, l’infortunio verificatosi a carico del manutentore tecnico si era, nella specie, realizzato nel corso di alcune operazioni di sostituzione dei cilindri di un’attrezzatura in uso all’azienda. Sebbene quest’ultima fosse all’uopo dotata di un sistema automatico – circostanza questa che aveva, ab origine, giustificato l’omessa previsione del rischio specifico all’interno del D.V.R – lo stesso si era rivelato fallace costringendo gli operatori a intervenire manualmente.
La prassi consolidatasi importava che le operazioni dovessero essere effettuate da una posizione che non consentiva al lavoratore di avere una piena visuale né dell’area di lavoro né della macchina stessa. Di talché, altri soggetti dovevano intervenire nel corso dell’attività scandendo i diversi passaggi dell’operazione. Nel caso concreto, l’ordine era stato dato ed eseguito senza che nessuno si avvedesse della presenza in loco di un terzo lavoratore che, per l’effetto, ne rimaneva infortunato.
E’ evidente, allora, come la pratica operativa instauratasi si connotasse di un forte tasso di pericolosità – stante la non visibilità piena dell’area di lavoro – e ciò, a detta della Corte, aveva fatto insorgere in capo al responsabile capo-area, in ragione del ruolo dallo stesso ricoperto all’interno dell’organizzazione aziendale, l’obbligo di procedere alla valutazione del rischio di tali operazioni, invero, mai effettuata.
A nulla valgono le difese di parte ricorrente la quale aveva ritenuto, da un lato, che la prassi in questione, anche se non codificata in un documento, era in uso da anni e non aveva mai generato alcun infortunio e, conseguentemente, evidenziato alcun profilo di rischio e, dall’altro lato, che l’eventuale adozione di idonee misure di sicurezza (quali quelle attuate successivamente all’occorso per cui è processo) non avrebbe comunque impedito l’evento che, infatti, si era realizzato al termine delle operazioni per mera disattenzione della persona offesa. Se la prima considerazione appare priva di pregio giuridico – essendo l’assenza di altri infortuni riconducibile a mera occasionalità e coincidenza – la seconda affermazione è infondata in quanto le modalità operative adottate a seguito dell’infortunio garantivano la piena visibilità e il pieno controllo dell’attività in autonomia da parte di un solo lavoratore.
D’altro canto, l’evento lesivo poteva essere ricondotto tanto ad un comportamento negligente, imprudente ed imperito dei lavoratori quanto ad inefficienze e insufficienze strutturali dell’azienda la quale avrebbe dovuto predisporre un sistema di prevenzione idoneo ad evitare proprio il rischio che si era concretizzato.
Cass. Pen., Sez. IV, 2 Febbraio 2021 – Ud. Del 12.01.2021 – n. 3924