News Ambiente – L’art. 272-bis D.lgs. 152/2006 si applica soltanto agli impianti che producono emissioni in atmosfera regolati dal Titolo I Parte V del Decreto citato

Dopo aver sinteticamente delineato l’excursus storico che ha condotto alla formulazione dell’art. 272-bis, la Suprema Corte di Cassazione ha ritenuto come l’ambito applicativo della dispozione debba di necessità essere ristretto ai soli impianti che producono emissioni in atmosfera disciplinati dal Titolo I Parte V del D.lgs. 152/2006.

A suo dire, depone a favore di tale interpretazione, in primo luogo, il tenore letterale della disposizione la quale, da un lato, fa espresso riferimento agli stabilimenti di cui al Titolo suddetto – relativo agli impianti, inclusi gli impianti termici civili non disciplinati dal Titolo II, e alle attività che producono emissioni in atmosfera – e, dall’altro, nel suo comma terzo, mantiene ferma l’applicazione delle norme di cui al Titolo III-bis Parte Seconda per le installazioni sottoposte ad A.I.A.

In secondo luogo, prosegue la Corte, conferma di tale esegesi si rinviene nella recente sentenza n. 178/2019 della Corte Costituzionale la quale, in sede di giudizio di legittimità di una legge regionale in materia di emissioni odorigene, è giunta a circoscrivere l’ambito applicativo della norma in esame negli stessi termini di cui detto.

Da ciò, la Terza Sezione fa ulteriormente derivare il seguente riparto sanzionatorio: nel caso in cui l’autorizzazione alle emissioni detti le misure di cui all’art. 272-bis D.lgs. 152/2006 e si riscontri una violazione delle stesse afferente al superamento dei valori limite di emissione, il soggetto risponderà della contravvenzione di cui all’art. 279 comma 2° D.lgs. 152/2006; qualora, invece, le prescrizioni imposte e violate concernano aspetti diversi dai limiti di emissione, l’agente risponderà unicamente dell’illecito amministrativo di cui al successivo comma 2bis dell’art. 279 D.lgs. 152/2006; se, in ultimo, le prescrizioni non ottemperate sono state dettate con Autorizzazione Integrata Ambientale, l’illecito configurabile sarà quello di cui all’art. 29-quaterdecies D.lgs. 152/2006.

Inoltre, la Corte ha sostenuto come l’intera normativa in materia di inquinamento atmosferico ed, in specie, gli illeciti di cui si è detto possano pacificamente entrare in concorso con la contravvenzione di cui all’art. 674 c.p., non essendo configurabile alcun rapporto di specialità fra norme. Divergente, infatti, non solo il contenuto precettivo ma anche il bene giuridico tutelato afferente, nel primo caso, alla matrice ambientale aria e, nel secondo caso, all’incolumità pubblica.

Inoltre, ricorda la Sezione competente come, ai fini della definizione di molestia idonea ad integrare l’illecito di cui al codice penale, occorra distinguere tra attività non autorizzata – per la quale, l’emissione odorigena deve essere ricondotta, per essere lecita, ad un criterio di stretta tollerabilità – e attività autorizzata e comunque svolta in conformità con le prescrizioni ivi impartite, per la quale il criterio di riferimento è quello della normale tollerabilità di cui all’art. 844 c.c. e sempre che l’azienda abbia adottato tutti gli accorgimenti tecnici necessari per abbattare l’impatto delle emissioni.

Cass., Sez. III Pen., dep. 21 Maggio 2021 n. 20204 Pres. V. Di Nicola Rel. L. Ramacci