News Ambiente – Il commissariamento dell’ente ai sensi dell’art. 45 D.lgs. 231/2001 non fa cessare la permanenza del reato di cui all’art. 256 comma 3 D.lgs. 152/2006

In primo luogo, richiamando il proprio precedente costante orientamento, la Suprema Corte di Cassazione ha, nella pronuncia in commento, ribadito come nel concetto di “gestione” di una discarica debbano ricomprendersi anche le attività di gestione post-operativa, successive alla chiusura della stessa, e di ripristino ambientale di talché, allorquando queste dovessero essere omesse o svolte in modo irregolare, l’agente rispondebbe del reato di cui all’art. 256 comma 3° D.lgs. 152/2006.

Trattasi, in specie, di reato permanente, la cui consumazione richiede, alternativamente, l’ottenimento della necessaria autorizzazione amministrativa, la rimozione dei rifiuti e/o la bonifica dell’area, l’esecuzione di un provvedimento ablativo che comporti l’indisponibilità dell’area in capo ai titolari ovvero la pronuncia della sentenza di primo grado.

Diversamente, non è idonea allo scopo da ultimo richiamato, l’adozione della misura del commissariamento dell’ente ai sensi dell’art. 45 D.lgs. 231/2001.

L’obbligo di provvedere, in conformità alla legge, alla gestione post-operativa della discarica, infatti, ha carattere strettamente personale ed è posto in capo ai gestori della discarica, indipendentemente dalla circostanza che gli stessi, anche in data successiva all’illecito, abbiano cessato di ricoprire cariche sociali all’interno della realtà imprenditoriale nell’interesse della quale la condotta illecita era avvenuta. In questa prospettiva, il commissariamente dell’ente – importando una mera variazione dell’organo amministrativo della persona giuridica – non è in grado di interrompere la permanenza del reato, non impedendo la realizzazione delle attività necessarie al completamento delle procedure di chiusura del sito previste dalla legge.

Cass. Pen., Sez. III, 18 Ottobre 2021 – Ud. del 15.07.2021 – n. 37601 Pres. D. Galterio Rel. G. Liberati