Nel giungere all’affermazione del principio anzidetto, la Suprema Corte di Cassazione ha, dapprima, richiamato la normativa applicabile al caso di specie. In particolare, ha evidenziato come, ai sensi dell’art. 62 comma 5 D.lgs. 507/1993 la tassa rifiuti non è dovuta nelle ipotesi in cui il conferimento dei rifiuti solidi urbani o dei rifiuti a questi equiparati sia esclusa da norme legislative o regolamentari, da ordinanze in materia sanitaria, ambientale o di protezione civile nonché da accordi internazionali riguardanti organi di Stati terzi. In questa prospettiva – ricorda la Corte – il combinato disposto di cui agli artt. 21 comma 8 D.lgs. 22/1997, 6 comma 1 lett. c) L. 84/1994 e 1 del Decreto del Ministero dei Trasporti e della navigazione del 14.11.1994 individua in capo alle Autorità portuali il compito relativo all’affidamento e al controllo delle attività dirette alla fornitura di servizi di interesse generale, fra i quali quello di pulizia e raccolta dei rifiuti.
Ne deriva che i compiti di gestione dei rifiuti nell’area portuale spettano all’Autorità portuale la quale, per legge, è tenuta ad attivare il servizio di raccolta e trasporto, fino alla discarica; ne consegue, ulteriormente, la illegittimità della pretesa impositiva da parte del Comune – che, in quest’ambito agisce in regime di privativa – in quanto la tassa non può essere riscossa da soggetto diverso da quello che si occupa del relativo servizio.
A contrario, però, nelle aree portuali prive di Autorità portuale ovvero nelle zone interportuali ove non è prevista l’istituzione di questa, il Comune torna ad essere titolare del compito di istituzione e fornitura del servizio di igiene urbana così maturando il diritto ad ottenere il pagamento della tassa o tariffa relativa.
Cass. Civ., Sez. V, Ord. del 30 Dicembre 2021 – Ud. del 18.11.2021 – n. 42089 Pres. D. Chindemi Rel. A. Dell’Orfano.