Il capo di imputazione formulato a carico della Società nel caso di specie vedeva a questa addebitato l’illecito amministrativo da reato di cui all’art. 25-septies D.lgs. 231/2001 per aver reso possibile la realizzazione del reato presupposto, commesso nel suo interesse, omettendo di dotarsi di un modello di organizzazione e gestione ideneo ad impedire la commissione di reati della stessa specie di quello realizzatosi e, in particolare, mancando di nominare un organo di vigilanza deputato alla verifica dei sistemi di sicurezza delle macchine operatrici.
Invero, nella pronuncia in commento, la Corte giunge ad affermare come elementi costitutivi dell’illecito amministrativo da reato siano: a) l’immedesimazione organica tra la persona fisica e l’ente; b) la commissione da parte della persona fisica (soggetto apicale all’interno dell’ente ovvero colui che è sottoposto alla vigilanza del primo) di uno dei reati presupposto previsti dalla normativa; c) la colpa di organizzazione dell’ente; d) il nesso causale tra questi ultimi due.
Proprio con riferimento alla colpa d’organizzazione, la Quarta Sezione ha ricordato come l’enucleazione di tale elemento si sia resa indispensabile al fine di impedire l’insorgenza di una responsabilità oggettiva in capo all’ente, tenuto a rispondere ogniqualvolta un soggetto fisico qualificato abbia realizzato un determinato illecito. Ecco che, allora, l’ente potrà essere legittimamente chiamato a rispondere dell’illecito amministrativo da reato – da intendersi come fatto proprio colpevole – tutte le volte in cui, a seguito della commissione di un reato presupposto da parte dell’agente fisico avente le qualifiche di cui all’art. 5 D.lgs. 231/2001, la pubblica accusi provi la sua cd. colpa d’organizzazione ovvero dimostri che questi ha omesso di predisporre tutti quegli accorgimenti preventivi idonei ad impedire la realizzazione di illeciti di egual specie. In questa prospettiva, l’atteggiamento finalistico della condotta dell’agente deve essere più che conseguenza di un moto interiore soggettivo del reo, espressione di un assetto organizzativo negligente dell’impresa.
Ciò premesso, è evidente come la mancata adozione di un modello di organizzazione e gestione da parte della persona giuridica non sia in grado di assurgere ad elemento costitutivo dell’illecito di talché l’omessa, inadeguata o inefficace adozione del modello non può di per sé essere posta a fondamento della dichiarazione di responsabilità ex 231/2001.
Ne deriva, a detta della Corte, l’evidente equivoca formulazione del capo di imputazione e il difetto della motivazione del giudice di merito che ha fondato la dichiarazione di condanna, da un lato, sulla scorta della provata assenza di un modello di organizzazione e gestione dell’ente e del conseguente risparmio di tempo derivatone e, dall’altro, sull’omessa vigilanza sui sistemi di sicurezza dei macchinari. In ordine a quest’ultimo aspetto, è interessante notare come la Quarta Sezione abbia chiarito come i profili afferenti alle dotazioni di sicurezza e al controllo sullo specifico macchinario in cui si è verificato l’infortunio ineriscano alla responsabilità del datore di lavoro persona fisica e non abbiano niente a che fare con la colpa d’organizzazione dell’ente.
D’altro canto, il compito di vigilanza suddetto non può porsi in capo all’organismo di vigilanza il quale, contrariamente, è tenuto a verificare l’osservanza dei modelli.
Cass. Pen., Sez. IV, 10 Maggio 2022 – Ud. del 15.02.2022 – n. 18413 Pres. S. Dovere Rel. A. Rinaldi.