L’art. 28 comma 1° D.lgs. 81/2001 inerente all’oggetto della valutazione dei rischi e del relativo documento prevede espressamente che «La valutazione di cui all’ articolo 17 , comma 1, lettera a), anche nella scelta delle attrezzature di lavoro e delle sostanze o dei miscele chimiche impiegati, nonche’ nella sistemazione dei luoghi di lavoro, deve riguardare tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi» per quanto qui di interesse «quelli riguardanti le lavoratrici in stato di gravidanza, secondo quanto previsto dal decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151». Tale corpo normativo, in particolare, all’art. 11, impone al datore di lavoro di valutare tutti «i rischi per la sicurezza e la salute delle lavoratrici, in particolare i rischi di esposizione ad agenti fisici, chimici o biologici, processi o condizioni di lavoro di cui all’allegato C, nel rispetto delle linee direttrici elaborate dalla Commissione dell’Unione europea, individuando le misure di prevenzione e protezione da adottare».
Tale obbligo, chiarisce la Corte, permane anche nel caso in cui i rischi siano potenziali – non essendovi, al momento della costituzione del Documento di Valutazione dei Rischi ovvero successivamente, personale femminile in stato di gravidanza – nonché allorquando tutte le lavoratrici sia infertili, anche per ragioni, come nel caso di specie, legate all’età. Ciò anche in considerazione del fatto che la tutela apprestata alle lavoratrici in stato interessante si estende, per legge, anche a favore di coloro che abbiamo ricevuto bambini in adozione o in affidamento.
Cass. Pen., Sez. III, 27 Settembre 2022 – Ud. del 15 Giugno 2022 – n. 36538 Pres. G. Andreazza Rel. G. F. Reynaud.