Occorre, in premessa, rammentare come la disposizione di cui all’art. 62 comma 2° lett. d-bis) D.lgs. 81/2008 – norma di apertura del Titolo II dedicato ai luoghi di lavoro – escluda espressamente che tali possano essere considerati, ai fini del titolo predetto, i «campi, [..] boschi e [..] altri terreni facenti parte di un’azienda agricola o forestale».
A parere del Tribunale di primo grado, l’utilizzo della locuzione “altri terreni”, in assenza di qualsivoglia ulteriore specificazione, induce a ritenere che con il vocabolo “terreni” il legislatore abbia voluto far riferimento ad ogni tipo di suolo rientrante nel perimetro dell’azienda agricola forestale con conseguente non operatività delle disposizioni di cui al Titolo II del Testo Unico Sicurezza ai campi, boschi e a tutti i terreni, interni o esterni all’azienda.
Di avviso contrario la Suprema Corte di Cassazione che – dapprima richiamando l’evoluzione normativa in tal settore – ha chiarito come a mezzo dell’intervento di cui al D.lgs. 106/2009 il legislatore non avesse mai inteso escludere dalla definizione di “luogo di lavori” le aree interne e/o di immediata pertinenza dell’area edificata dall’azienda (da sempre considerate tali) ma soltanto ripristinare l’impostazione precedente all’entrata in vigore del D.lgs. 81/2008 e, pertanto, impedire che tali potessero essere qualificati i terreni situati fuori dalla predetta area.
A sostegno di tale assunto, la Corte adduce argomentazioni interpretative di matrice letterale e sistematica: in primo luogo, infatti, la stessa afferma come la definizione di “terreno”, specie se affiancato a quello di “campo” o “bosco”, rievochi una porzione più o meno ampia di suolo ove viene svolta attività agricola; in secondo luogo, sempre a parere della Terza Sezione, l’utilizzo dell’aggettivo “altri” adottato con riguardo al sostantivo “terreni” e sempre posto in relazione a quello di “campi” e “boschi” – i quali evidentemente sono costituiti da aree esterne a qualsiasi fabbricato agricolo – dimostra come anche i primi debbano essere considerati esterni; in ultimo, poi, la Corte sostiene la necessità di coordinare la definizione di “terreni” con quella di “azienda agricola” di cui all’art. 2135 c.c. cosicché i primi corrispondono al suolo esterno all’area edificata dell’azienda ove viene svolta una delle attività di cui all’art. 2135 c.c., con esclusione delle attività connesse a queste (e previste dall’art. 2135 comma 3° c.c.) che solitamente vengono disimpegnate in luogo chiuso.
Conclude, pertanto, la Corte affermando il «principio di diritto secondo il quale, in caso di azienda agricola, non possono essere considerati “luoghi di lavoro” i soli terreni esterni all’area edificata sui quali viene svolta una delle attività previste dal secondo comma dell’art. 2135 cod. civ.; costituiscono, invece, “luoghi di lavoro” le aree di immediata pertinenza della sede (principale, secondaria, operativa, magazzino, deposito, ecc. ecc.) adibite ad attività non strettamente agricole (come, per esempio, deposito, carico/scarico merci, movimento mezzi) e/o quelle ad esse connesse previste dal terzo comma dell’art. 2135 cod. civ.».
Cass. Pen., Sez. III, 29 Dicembre 2022 – Ud. del 22.09.2022 – n. 49459 Pres. L. Ramacci Rel. A. Aceto